E Giagnoni esclamò: “Qui è come a Olbia, c’è sempre vento!”
Ho accolto con grande entusiasmo l’invito dell’amico Marco D’Avanzo a rievocare per la storia della Coppa delle Coppe edita da Soccerdata la trasferta del Torino nella tana dei Rangers per il turno primaverile della Coppa delle Coppe 1971/72 per diversi motivi.
Il primo, che comprensibilmente mi sta molto a cuore, è che si trattava della mia prima trasferta come inviato del Corriere dello Sport ad una partita di Coppa Europea. E questo particolare può darvi l’idea di come l’abbia vissuta.
Su proposta dell’allora direttore Giorgio Tosatti, mi ero trasferito da un paio di settimane da Bari a Torino – sede di due importanti società come Juventus e Torino – dove il quotidiano romano in cui ero cresciuto giornalisticamente, aveva bisogno di rimpiazzare Cesare Lanza, chiamato da Piero Ottone al Secolo XIX. Dopo uno sfortunato tentativo con Enzo Bonifazi, Tosatti decise che ci volesse un giornalista giovane, ma che comunque avesse già maturato significative esperienze, qualità che io avevo acquisito prima a Roma e poi a Bari, nel corso del ciclo contraddistinto dal lavoro di Lauro Toneatto e Oronzo Pugliese. Ero arrivato a Torino solo pochi giorni prima e quella trasferta, in tandem con l’indimenticabile maestro Alberto Marchesi, per me era stato come toccare improvvisamente il cielo con un dito. Ecco perché di quella trasferta ricordo tanti particolari.
Un altro, pittoresco, ebbe per protagonista l’allenatore del Torino, il sardo Gustavo Giagnoni. Quando il charter che trasportava squadra e giornalisti, finito il rullaggio sulla pista, si era fermato nell’area di parcheggio e gli stewards avevano appena aperto il portellone, il primo ad uscire dall‘aeromobile era stato Giagnoni. Fermatosi, con l’immancabile colbacco in testa, sulla piattaforma della scaletta, era stato sferzato da una raffica di vento freddo. Ed io, che lo avevo seguito e appena affiancato, lo avevo facilmente e distintamente sentito esclamare: “Qui è come a Olbia: c’è sssempre vvvento!”. Una frase che, da buon isolano come lui, mi aveva colpito e che – come vedete – non ho mai dimenticato.
L’Hampden Park era il primo stadio britannico in cui mettevo piede. Mi aveva immediatamente colpito per il fascino che emanava la sua tradizionale struttura, per l’indescrivibile atmosfera che vi si respirava. L’accesso alla Tribuna Stampa (nel Regno Unito, i settori riservati alla carta stampata erano quasi sempre angusti e disagevoli: una volta conquistata la propria postazione vi si rimaneva intrappolati come prigionieri perché raramente c’era lo spazio per muoversi) si manifestò piuttosto arduo. Bisognava arrampicarsi letteralmente mediante una scaletta in legno, strettissima e assai ripida, per raggiungere la tribunetta riservata ai giornalisti, sospesa nel vuoto, agganciata sotto la tettoia. I colleghi più esperti, come il leggendario telecronista Nicolò Carosio (che avevo conosciuto mesi prima a Bari quando, in occasione di una partita della Nazionale Under 23, avevo portato a degustare il delizioso purée di fave e cicoria con olio santo a La Pignata di Franco Vincenti che lo aveva entusiasmato) – con l’immancabile fiaschetta di whisky, Angelo Rovelli, Renato Morino e Alberto Marchesi – tutti abbastanza avanti con l’età – faticarono non poco a scalare quella specie di K2.
La partita, che si presentava ardua per il Torino, dopo il pareggio (1-1, con reti di Pulici e Johnstone) nella gara di andata, vide i granata giocare con grande dignità a cospetto dell’impeto e della fisicità degli scozzesi. Nell’arco di pochissimi minuti l’esito della partita fu segnato: un gran tiro di Toschi si stampò sulla traversa scozzese, mentre una conclusione di McDonald superò Castellini e decretò il passaggio del turno de parte dei padroni di casa. Arbitro era il portoghese Lobo, che avrebbe avuto una grande notorietà l’anno successivo per via del chiassoso scandalo imbastito dalla stampa inglese su un presunto tentativo di corruzione – mai provato tuttavia – che sarebbe stato messo in opera dal faccendiere
Deszo Szolti a beneficio della Juventus. Altro particolare, il turno di Coppa precedeva di una settimana uno storico derby con la Juventus, che nella stessa giornata in cui il Toro giocava a Glasgow perdeva (1-2) sul campo del Wolverhampton e veniva eliminata dalla Coppa UEFA. La partita passò alla storia perché nella nottata lo juventino Haller venne sorpreso a bere qualche coppa di champagne nella discoteca dell’albergo. Boniperti fu inflessibile fino all’autolesionismo: Haller fu multato pesantemente, messo fuori rosa e saltò lo storico derby.
Che il Toro vinse 2-1 in rimonta. Ma non bastò per impedire alla Juve di vincere lo scudetto.
Salvatore Lo Presti