È un’operazione estremamente difficile cercare di descrivere con precisione un sistema di gioco (il cosiddetto “Metodo Danubiano”) ed una squadra (il Wunderteam austriaco del quadriennio 1930-1934) su cui si hanno pochissime testimonianze visive però, basandoci su fonti indirette e testimonianze, è possibile tratteggiare un quadro abbastanza verosimile di quello che può essere considerato come la base del cosiddetto Calcio Totale.

austria

Prima di cimentarci in quest’operazione occorre fare delle precisazioni: il “Metodo Danubiano” è stato un’evoluzione del passing game praticato dalle squadre scozzesi (ma anche inglesi) nell’ultima decade dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Un gioco incentrato su brevi passaggi, intercambiabilità dei ruoli e fluidità della manovra. La differenza consisteva principalmente nel fatto che mentre il passing game britannico era piuttosto spontaneo, quello danubiano incominciava ad essere più metodico rispettando una precisa organizzazione di squadra. Questo anche a causa della particolare natura del calcio austriaco di quei tempi che di fatto si riduceva ad una competizione tra le principali squadre della capitale… sempre le stesse – una contro l’altra – e sempre gli stessi giocatori.

Lo schieramento

Il Wunderteam austriaco, gestito dall’eminenza grigia Hugo Meisl – tecnico della nazionale ma anche segretario factotum della ÖFB – utilizzava uno schema di gioco molto simile al tradizionale 2-3-5, con qualche piccola ma decisiva rettifica. Dietro, abbiamo un portiere e due terzini che sono due difensori centrali con compiti differenziati: uno agisce da marcatore, l’altro da regista difensivo.

A centrocampo il canonico trittico composto dai due mediani laterali e dal centromediano. Meisl solitamente schierava un secondo centromediano (Urbanek) a fianco del centrosostegno (Smistik) in modo da avere ben due fonti di gioco in mezzo al campo.

Rispetto al vecchio centromediano della Piramide, che aveva caratteristiche più offensive che difensive, in quell’Austria il numero 5 si comportava da frangiflutti davanti alla difesa. In attacco i cinque attaccanti (le due ali, i due interni ed il centravanti) partivano quasi in linea con il centravanti (il fuoriclasse Sindelar) il quale giocava spesso come rifinitore alle spalle dei propri compagni. Anche nella linea offensiva, come in mezzo al campo, Meisl utilizzava due centravanti di ruolo con caratteristiche di manovra (Sindelar e Gschweidl, quest’ultimo partiva come interno destro).

matthias sindelar

Fase difensiva

– In fase di non possesso palla il Wunderteam giocava molto corto per i canoni calcistici in voga in quei tempi. I due terzini infatti dovevano stare lontano dalla propria porta e, se necessario, mettere in fuorigioco gli attaccanti avversari. Marcatura a zona utilizzando l’intercetto e l’anticipo come armi principali.

– Il centromediano fungeva da perno arretrato, spostandosi a destra o a sinistra a seconda della posizione della palla;

– I mediani laterali, assieme al mediocentro, dovevano coadiuvare i terzini nella fase offensiva: se la palla era nei pressi delle fasce, i tre mediani e i due terzini dovevano effettuare le diagonali per togliere spazio agli avversari e anche in questo caso il riferimento era sempre e soltanto la zona e mai l’avversario. Se un mediano laterale veniva saltato dall’ala avversaria, il terzino più vicino alla palla doveva uscire sul portatore con il centromediano che doveva quindi “riempire” il buco che si veniva a creare al centro dell’area;

– I due interni dovevano riposizionarsi nella propria metà campo davanti al centromediano formando così la classica W offensiva metodista.

Fase offensiva

– In fase di possesso palla il Wunderteam giocava occupando il campo in ampiezza con i terzini che si allargavano ed il centromediano che quasi scivolava come “terzo terzino” sistemista;

– I mediani giocavano sempre “dentro” al campo secondo la schema dei “falsi terzini” utilizzato oggi dalle squadre che si ispirano alla filosofia di Guardiola;

– Nel quintetto offensivo i movimenti erano assai più imprevedibili: i cinque attaccanti giocavano infatti sulla stessa linea scambiandosi spesso ruoli e posizioni;

– Le due ali partivano con i piedi sulle linee laterali ma poi tagliavano spesso in diagonale sfruttando i passaggi filtranti del centravanti che, come abbiamo visto, agiva con compiti soprattutto di regista offensivo e suggeritore (anche se è forse riduttivo catalogare con queste etichette un fuoriclasse come Sindelar);

– Gli interni erano degli attaccanti a tutti gli effetti, spesso terminali offensivi della manovra. L’interno destro (Gschweidl e poi Bican) era un centravanti puro a tutti gli effetti mentre la mezzala sinistra (Schall) aveva più caratteristiche da attaccante di movimento.

Il Metodo resterà lo schema base del calcio austriaco fino alla vigilia dei mondiali del 1954 (quando anche l’Austria adotterà il Sistema) anche se negli ultimi anni il suo schema di fatto era già un 4-2-4 perché una delle due mezzali giocava come centrocampista puro con compiti difensivi. Inoltre questo sistema di gioco era molto imbastardito con il Sistema in quanto in fase di possesso il laterale destro (Hanappi) spesso si affiancava in mezzo al campo al centromediano Ocwirk formando così un classico WM.

Francesco Scabar

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