Natale 1958.

Ad Augsburg si muore dal freddo e il volto di Sepp Herberger, sulla scaletta di uno Swiss Air diretto verso il Mar Rosso, è visibilmente tirato.

La poderosa Nationalmannschaft mette il naso fuori dai confini europei per la prima volta nella sua storia per atterrare in Africa, in Egitto. Un accordo tra le due Federazioni prevedeva infatti la disputa di un paio di amichevoli da giocarsi appena fra Natale e Capodanno di quel periodo.

Ma Sepp, dopo la rotonda vittoria del 21 dicembre riportata sulla Bulgaria, avrebbe volentieri evitato un tour esotico inutile ed insidioso. Non tanto per le assenze di Uwe Seeler, Rolf Geiger, Horst “Schimmi” Szymaniak e anche della grande speranza Helmut Haller, ma proprio per quella paura dell’ignoto.

«Diamine! È proprio necessaria questa partita? È proprio necessario andare laggiù?» si domanda grattandosi la fronte spaziosa e osservando fuori dal finestrino.

Le ansie e i timori del commissario tecnico di Mannheim fanno da contraltare all’umore della stampa locale, curiosa e spavalda. In fin dei conti la Nationalmannschaft ha pur vinto la Coppa Rimet quattro anni prima in Svizzera ed è arrivata quarta qualche mese fa in Svezia.

«Auf Wiedersehen. Wir sehen uns am 2 Januar».

I rivali

Nella capitale egiziana la gente ha ripreso a vivere più o meno serenamente.

Il conflitto del 1956 dovuto all’occupazione del canale di Suez ha lasciato ferite profonde; ma il baffuto presidente Gamal Abd al-Naser sta ricostruendo il Paese e a febbraio ha unito sotto un’unica bandiera anche la Siria, costituendo la Repubblica Araba Unita.

Una Nazionale, quella locale, meno debole di quel che si pensi e con un palmares tutt’altro che disprezzabile.

Da anni, in effetti, i Faraoni ospitano a rotazione selezioni europee desiderose di soggiornare in inverno sul Nilo e quasi nessuna, tra le rappresentative di Unione Sovietica, Bulgaria, Iugoslavia, Ungheria e Cecoslovacchia, ha finora inflitto loro severe lezioni.

Una partecipazione al Mondiale del 1934, svariate presenze al Torneo Olimpico con il brillante quarto posto raggiunto ad Amsterdam nel 1928 e infine la conquista della prima Coppa d’Africa giocata in Sudan nel 1956, battendo i padroni di casa e l’Etiopia.

A Khartoum l’eroe era stato lo sconosciuto attaccante Mohamed Ad Diba, un tale che dopo la quaterna realizzata in finale abbandona il calcio giocato per fare l’arbitro.

Già, l’arbitro.

L’arbitro

Alla volta del Cairo parte anche Concetto Lo Bello, assicuratore siracusano grande appassionato di atletica e pallanuoto.

Concetto Lo Bello

Autorevole, intransigente e praticamente infallibile nelle decisioni, esordisce neanche trentenne in Serie A nel 1954, a Bergamo, nel pareggio per 1-1 fra Atalanta e Sampdoria.

Di lui si parla bene ovunque, dall’alto delle sue 69 direzioni nella massima serie e 35 in cadetteria, tanto che da un po’ di tempo aspetta con trepidazione la chiamata internazionale.

Questa arriva puntuale e viene mandato a dirigere Birmingham-Selezione Colonia, gara valida per il ritorno degli ottavi di finale di Coppa delle Fiere in programma il giorno 11 novembre 1958, poi terminata 2-0 per gli inglesi (i Blues arrivarono fino alla finale di quella competizione).

Per arbitrare una partita tra nazionali invece l’appuntamento è fissato al Prince Farouk Stadium, in quel catino stracolmo, circondato dalle palme e dalla sabbia, laddove ritroverà Karl Heinz Schnellinger, già conosciuto a Birmingham e del quale arbitrerà chissà quante altre partite in futuro, dopo il suo trasferimento in Italia dal 1963 in avanti.

L’arrivo

Giunti in terra africana i tedeschi, inebriati dall’aria impegnata di spezie e dai canti del Muezzin, vengono accolti con tutti gli onori del caso e da una temperatura tipicamente estiva.

Capitan Rahn è elettrico, mentre Walter Baresel ed Hermann Joch accompagnano la comitiva nel lussuoso Marriott Mena House, struttura sita proprio accanto alle Piramidi.

Herberger prende posto nella sua camera seguitando nei suoi soliloqui prima di scendere nella hall e scoprire che davanti ad ogni tavolo riservato alla Nationalmannschaft c’è un piatto di Natale rigonfio e un piccolo albero di Natale con le candele accese.

Dopo una notte di sonno, i tedeschi si concedono una passeggiata orientativa in tuta attraverso il Museo Egizio mentre Pal Titkos, allenatore ungherese, prende posto nella tribuna del National Sporting Club ad osservare gli allenamenti della nazionale egiziana e pensa:

«Questi si allenano intensamente sotto il sole cocente mentre Helmut Rahn siede su un cammello con annesso copricapo da sceicco del deserto in testa». Il capitano diviene presto il favorito dei cammellieri, così come lo era stato per la corporazione degli addestratori di volo.

Egitto-Germania foto gruppo

Poi è il turno del gran Bazar, del rito del thè in compagnia di alcuni giornalisti dell’Akhbar Alyoum e delle mani veloci degli orafi a punzonare tutto quanto capitasse a tiro.

Il pasto in un ristorante bavarese ordinando vitello saxen e birra prodotta al Cairo riportano in mente la Patria e fanno affiorare un velo di nostalgia.

La partita

Tra gli spettatori in trepidante attesa figura, in tribuna d’onore, anche il vicepresidente Hakim Amer – comandande delle forze armate egiziane e da sempre grande appassionato di calcio.

Assieme a lui siedono l’ambasciatore tedesco – il dottor Walter Becker – il responsabile delle attività sportive e ricreative delle truppe dell’arsenale egiziano e alcuni rappresentanti della carta stampata.

La colonnina di mercurio segna 18 gradi. Troppi, per una squadra che qualche giorno prima ha giocato in tutt’altre condizioni climatiche.

Egitto-Germania foto squadra

Dopo il fischio di inizio e una breve fase di studio, i padroni di casa prendono ad esibirsi in pregevoli palleggi applauditi da una folla festante. I tedeschi, impacciati e capricciosi, soffrono il campo duro. Prima annaspano, poi rischiano e infine vanno sotto.

Al 26′ Pyka e Schnellinger stendono in area lo scatenato El Dhizwi. Lo Bello, inflessibile, fischia la massima punizione che il motorino Rifat El Fanagli non sbaglia.

I 30mila del Prince Farouk alzano i decibel spingendo all’impazzata e l’allenatore di casa si sbraccia dalla panchina facendo sentire anche il suo supporto: «Usiamo la testa! Mettiamoci tutti dietro e ripartiamo».

Herberger, di contro, mastica amaro. Suda, sbuffa. Lo svantaggio, per sua fortuna, dura poco.

Karl Mai scodella una punizione per Rahn, il centrocampista del Rot-Weisß attira quattro avversari su di sé e scarica velocemente a Morlock. Tiro a mezza altezza di quest’ultimo e gol del pareggio.

La Germania a questo punto serra le fila e preme, ma al riposo si va sull’1-1.

Gli ospiti rientrano in campo sorridendo, con le facce di chi l’ha passata brutta perché poco concentrati. Scherzano nuovamente, ignari del pericolo e il pericolo si chiama Saleh Selim. Lo sconosciuto attaccante si lancia, sorprendendo la disattenta retroguardia e freddando Tilkowski.

Sugli spalti ci si abbraccia e ci si commuove.

Abdel Guedili, fresco di 35esimo compleanno, si supera su Rahn e Morlock mentre El Dhizwi fallisce l’opportunità del 3-1.

Herberger guarda nervosamente l’orologio. Il tempo scorre maledettamente veloce e nella sua testa riecheggiano i fantasmi che aveva sin dalla partenza di Augusta.

D’altro canto, i padroni di casa resistono stoicamente all’assedio e sembrano protetti da chissà quale stellone.

Al triplice fischio finale Sepp corre negli spogliatoi a sfogare la sua frustrazione.

Avrà la possibilità di rifarsi due giorni dopo, ma la vittoria non lenirà lo smacco subito quel 28 dicembre 1958, perché i funzionari di entrambe le federazioni decidono di considerare l’incontro del Cairo come gara ufficiale.

La Germania ha perso contro l’Egitto e questa sconfitta macchierà per sempre il suo venerabile curriculum.

Il rimpatrio

Il termometro segna ventisei gradi all’ombra. Un’ultima passeggiata attraverso la via dell’Oro nel bazar, un buffet freddo consumato nell’Istituto Culturale Tedesco e un lungo colloquio con l’uomo forte del calcio, l’egiziano Mustafa.

«Ripeteremo l’esperimento nei prossimi inverni».

Herberger però è distante, stravolto.

Sta sorseggiando un caffè e controllando di avere tutti i documenti in tasca prima di imbarcarsi.

Mentre lo accompagnano i soliti interrogativi: «Era proprio necessaria questa partita? Era proprio necessario venire quaggiù?»

IL TABELLINO DEL MATCH