Antefatti

Il 10 aprile 1949 il Grande Torino ha in programma l’unica trasferta di campionato all’esterno dei confini nazionali: i granata infatti dovranno giocare a Trieste, città che dal 1945 è sotto diretto controllo delle forze anglo-americane nella cosiddetta Zona A del Territorio Libero di Trieste (l’attigua Zona B era invece sotto occupazione jugoslava).

L’avversario, la Triestina, è uno degli antagonisti in assoluto più difficili da affrontare di tutto il campionato: gli alabardati, infatti, allenati dal giovane “mago” Nereo Rocco, sono reduci da un clamoroso secondo posto nel campionato precedente (anche se con un distacco abissale dai granata) e pure in questo torneo si stanno confermando una delle realtà più solide nel panorama calcistico italiano, sostando al settimo posto in classifica, alle spalle dei soli squadroni metropolitani.

La peculiarità della formazione giuliana è di essere una delle poche squadre in Italia a giocare con il cosiddetto Mezzo-Sistema, una tattica ibrida, tra il classico Metodo ed il nuovo Sistema, che prevede ferree marcature a uomo nel settore difensivo (come nel WM) e la presenza di un terzino “libero” alle spalle della retroguardia (come nel Metodo).

Rocco, che grazie a questo stratagemma, nella stagione precedente era riuscito a mettere nel sacco la maggior parte degli avversari, da qualche domenica sta effettuando qualche esperimento di “puro sistemista”.

La giornata precedente la Triestina aveva giocato sul campo della “Cenerentola” Pro Patria disputando una delle peggiori partite dell’era Rocco (3 a 1 per i bustocchi): gli alabardati giocarono per un tempo con il battitore libero (Grosso) e per l’altro con il WM puro. Molto probabilmente, però, la testa dei giocatori triestini era già alla sfida contro il Toro che a Trieste, storicamente, ha sempre faticato (questo lo score delle ultime tre stagioni: pareggio per 1 a 1 nel 1945/46, vittoria per 0 a 1 nel 1946/47, altro pareggio, questa volta ad occhiali, nel 1947/48).

A Trieste l’arrivo del Grande Torino sarà l’occasione per inaugurare in un clima di festa le due nuove curve dello Stadio Comunale di Valmaura (denominato “del Littorio” fino al 1943 e poi intitolato al campione granata Giuseppe Grezar nel 1966), che fino a quella data consisteva solamente in una grande gradinata scoperta su un lato del campo e su una tribuna coperta sull’altro. Il Torino arriva a Trieste già venerdì sera e trascorre l’intero sabato triestino a fare una passeggiata per il centro cittadino in un clima disteso di assoluta libertà.

Nel pomeriggio i granata vanno ad “assaggiare” lo Stadio, guardando l’incontro di Serie C Edera Trieste – Pro Palazzolo (pare che i giocatori granata non siano stati entusiasti dello “spettacolo”). La Triestina invece si è trincerata in un rigido ritiro sull’altopiano a Villa Opicina, concedendosi solo qualche piccola passeggiata nei paraggi.

Le due squadre

Domenica 10 aprile 1949 alle 15.30 lo Stadio Comunale di Valmaura è gremito in ogni ordine di posti e, per la prima volta nella sua storia gli spettatori superano le 20 mila unità.

Il terreno di gioco, completamente senza erba e si eccettua qualche ciuffo sulle fasce laterali, è un vero insulto per la Serie A, ma a Trieste le squadre sono tante (in Serie C giocavano la Libertas e l’Edera mentre nella Prva Liga jugoslava militava per il suo ultimo anno l’Amatori Ponziana) ed i campi da gioco pochi.

Il giovane Rocco, durante quest’annata si è spesso lamentato dello stato del terreno gioco, dopo ogni prestazione sottotono dei suoi, segno di assoluta scaltrezza, già a 37 anni!

La Triestina, per dovere di ospitalità, si schiera in maglia bianca con colletto e polsini rossi e sul petto uno scudetto con ricamata l’alabarda di San Giusto. Il Torino invece indossa la sua classica divisa granata. Erbstein per questa partita può finalmente contare di tutta la rosa al completo e schiera i suoi, per la prima ed unica volta nella storia del Grande Torino, con la famosa filastrocca: Bacigalupo; Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola.

Questa è una partita particolarmente sentita per Giuseppe “Pino” Grezar che a Trieste è nato e nella Triestina ha militato fin dalla più tenera età, divenendo prima mezzala e poi mediano di classe internazionale e per Aldo Ballarin da Chioggia, lanciato giovanissimo nel grande calcio proprio dalla Triestina.

Sul fronte avversario Rocco scioglie ogni dubbio di formazione e, con grande sorpresa, decide di schierare i suoi a specchio con il Sistema puro, senza il “terzino volante” (così veniva definito il libero allora).

In porta c’è Striuli, uno dei giocatori più esperti della squadra (32 anni), portiere abbastanza atipico, anche per i canoni dell’epoca: è infatti alto meno di un metro e settanta e dal suo maglione grigio sbuca un bel pancione prominente, tanto che i tifosi alabardati lo hanno ribattezzato “la Vacca Volante”. Stilisticamente, a dispetto della mole, è un portiere molto agile e reattivo, più a suo agio tra i pali che nelle uscite.

Il terzino destro è Zorzin, elemento tecnicamente modesto, ma dalla grande grinta e dall’abnegazione di ferro. Sarà un pretoriano di Nereo Rocco anche nel grande ciclo di Padova.

Sulla fascia opposta, con la maglia numero 3, gioca Ivano Blason, altro giocatore che sarà fondamentale nella fenimenale esperienza patavina di Rocco. È un classico terzino da Metodo (cioè un difensore centrale ante litteram) dal fisico possente, dal passo lento e dalla battuta lunga, che nella stagione passata si era consacrato come libero “spazzatutto” di assoluto valore (“se non calciava la palla quaranta metri in avanti e venti in alto non era un buon libero” commenterà anni avanti Rocco).

Stopper centrale, in marcatura sul centravanti avversario, gioca Sessa, altro giocatore dal fisico erculeo e dai modi poco morbidi: era l’incubo di Boniperti che spesso preferiva giocare ala piuttosto che subire le sue “carezze”.

A centrocampo, per confondere lo squadrone granata, Rocco rimescola le carte: mediano destro, in marcatura su Valentino Mazzola, gioca Pietro Grosso, acquistato in estate dal Vicenza. È un giocatore polivalente, capace di giocare in tutti i ruoli difensivi (anche da libero) e che due settimane prime era già stato convocato dalla Nazionale per la trasferta di Madrid; morirà a soli 33 anni in un incidente stradale dopo aver militato anche nel Milan del Gre-No-Li.

Nella posizione di mediano sinistro Rocco invece sostituisce il più classico e tecnico Giannini con il più combattivo Enrico Radio, il capitano storico della formazione alabardata, giocatore dotato di tenacia e dei proverbiali sette polmoni.

Mezzala destra gioca probabilmente l’unico giocatore di autentico valore della Triestina: Guglielmo “Memo” Trevisan, centrocampista completo ed abile nelle due fasi, dotato di un grande carisma, ma anche di una lingua troppo “lunga” (che pregiudicherà la sua carriera in Nazionale, che però riconquisterà anni dopo, come storico vice di Enzo Bearzot). È lui il regista sul quale Rocco saggiamente ha costruito il suo piccolo capolavoro di ingegneria calcistica. Mezzala sinistra gioca l’ex milanista Tosolini, giocatore piccolo e sgusciante, molto bravo ad inserirsi in attacco.

Il tridente offensivo è composto dalla bionda ala Rossetti, giocatore tecnico e scattante che avrà la carriera compromessa dalla sua proverbiale “testa matta”, dal centravanti Bruno Ispiro (ex Genoa e Lazio), molto mobile e generoso come vuole il credo calcistico di Rocco e infine dall’ala sinistra goleador Begni, che spesso sfrutta le sponde del suo centravanti per convergere a rete. La Triestina è una sorta di rappresentativa della Venezia Giulia: ben quattro giocatori sono triestini (Sessa, Radio, Rossetti, Trevisan), Ispiro è istriano di Rovigno, Zorzin bisiaco di Pieris (il paese natale anche di Fabio Capello), Blason friulano dei vecchi possedimenti asburgici goriziani (di San Lorenzo di Mossa). L’unico “straniero” è il lombardo Begni in quanto Tosolini (friulano), Striuli e Grosso (veneti) sono comunque originari del Triveneto.

Cronaca della gara

Primo tempo

l fischio d’inizio dell’arbitro romano Orlandini viene preceduto da un ampio cerimoniale: capitan Mazzola offre al sindaco di Trieste Ercole Miani, presente in campo, un toro in bronzo, il capitano triestino Radio risponde con un mazzo di fiori.

A Trieste l’atmosfera è primaverile con un bel sole splendente ed un caldo gradevole. Dopo il primo fischio del direttore di gara l’atmosfera di festa si tramuta subito in battaglia. Il Torino, che molto probabilmente si aspettava una Triestina guardinga ed accorta, si vede invece aggredire a tutto campo dalla squadra di casa (Zorzin su Ossola, Blason su Menti, Ispiro su Rigamonti, Grosso su Mazzola, Radio su Loik sono le accoppiate).

Al 2’ minuto gli alabardati potrebbero passare in vantaggio: Tosolini ruba palla a Rigamonti e serve Ispiro, il centravanti sterza a sinistra e calcia un fendente sotto la traversa, ma Bacigalupo con un colpo di reni prodigioso salva la sua porta.

La Triestina continua, sorprendente a macinare gioco, tanto che il Torino viene costretto a snaturarsi. I granata abbandonano il WM e si schierano con un modulo molto simile al 4-4-2 con Menti che di fatto infoltisce il settore di centrocampo: davanti restano solo Ossola e Gabetto, con tutti gli altri giocatori granata che difendono compatti nella propria metà campo.

La Triestina intanto continua a premere: su una punizione battuta da Radio nessuno tocca la sfera che finisce sulla sinistra a Begni, l’ala, da posizione defilata, fa partire un tiro che attraversa pericolosamente tutta l’area piccola prima di spegnersi sul fondo. La Triestina continua a giocare un calcio di alta fattura: Grosso ruba palla a Castigliano, la serve a Tosolini che poi la passa a Trevisan, quest’ultimo serve un bel filtrante a Rossetti, che nel momento di calciare viene chiuso in angolo da Rigamonti. Al 28’ si fa vedere il Torino: Grezar, su una delle sue rare puntate offensive, centra la porta con uno dei suoi famosi tiri dalla distanza, ma Striuli con una gran parata devia il pallone in corner.

Al 34’ arriva l’episodio che porta (immeritatamente) il Torino in vantaggio: su centro di Ossola, Mazzola (per una volta non braccato da Grosso) ha tutto il tempo di calciare in porta, Zorzin si accinge così ad affrontarlo, ma nel contrasto tocca involontariamente il pallone con il braccio.

Triestina-Torino

Tra l’incredulità di tutto lo stadio e degli stessi giocatori granata, l’arbitro indica il dischetto. Dagli undici metri lo specialista Meo menti spara una fucilata a mezza altezza: Striuli intuisce la traiettoria, ma non può nulla: 0-1. Negli ultimi dieci minuti del primo tempo la Triestina riprende ad attaccare a testa bassa, ma il risultato non cambia.

Secondo tempo

Nel secondo tempo non si assiste a nessun “risveglio” granata: la partita è sempre condotta dalla Triestina. Grosso ruba l’ennesima palla agli attaccanti torinisti, avanza e spara un proiettile rasoterra che Bacigalupo, con qualche difficoltà, devia in corner.

Nel frattempo la partita si incattivisce: Tosolini azzoppa Loik che va a giocare sull’ala con Menti che viene ulteriormente abbassato, prendendo la posizione del compagno.

La Triestina avrebbe l’ennesima occasione di segnare: su una punizione di Trevisan, Rossetti con un velo fa pervenire la palla a Ispiro, quest’ultimo tutto solo calcia addosso a Bacigalupo una sorta di rigore in movimento.

Poi si rivede il Torino: Mazzola (l’unico a provarci dell’attacco granata) raccoglie un invito di Maroso (il migliore in campo nel Toro) e si libera di Grosso, ma il suo tiro viene deviato da Striuli con un bel volo.

Al 25’ arriva l’episodio del pari: su un falso rimbalzo in area la palla tocca di striscio il braccio di Ballarin. Orlandini, che non vedeva l’ora di rimediare l’errore del primo tempo, indica ancora una volta il dischetto, ancora tra l’incredulità generale. Dagli undici metri si presenta lo specialista Blason che di solito trasforma i suoi rigori “sparando” il pallone ad altezza del portiere con una gran cannonata. E così avviene: sulla gran cannonata del terzino, Bacigalupo non può far altro che osservare la palla insaccarsi ad un metro dalla sua faccia: 1 a 1.

Triestina-Torino

La Triestina, non paga del pari, continua a premere: su cross di Ispiro Trevisan anticipa di testa Bacigalupo, ma la palla sfiora la traversa.

Nei minuti finali la Triestina cala di ritmo ed il Torino ne approfitta per gettarsi per la prima volta in avanti in ricerca di un immeritato gol della vittoria: al 45’ però Begni fugge in solitaria sulla sinistra e centra uno strano pallone parabolico che improvvisamente cala a picco proprio nei pressi della traversa della porta granata. Bacigalupo, sorpreso dall’effetto del pallone, alza le braccia e blocca la sfera con l’ausilio della traversa, quest’ultima però piomba verso terra e Bacigalupo riesce a bloccarla in mezzo alle ginocchia, molto probabilmente aldilà della linea bianca.

Un episodio da V.A.R. in piena regola: l’arbitro Orlandini però non è nella posizione di giudicare (Bacigalupo aveva bloccato la palla mentre era girato verso la porta) e non se la sente di concedere il gol tra le proteste dei giocatori e dei tifosi di casa. Si chiude così, tra gli applausi fragorosi dei tifosi nei confronti dei propri beniamini, una partita molto maschia e combattuta, che la Triestina avrebbe meritato di vincere.

Post-partita

La trasferta di Trieste è un’altra “pietra miliare” nel viaggio del Grande Torino verso Superga.

A San Giovanni di Duino, al confine tra il T.L.T. e l’Italia, l’intera comitiva granata non poteva non pensare ad un episodio successo nel 1946, quando l’intera squadra granata fu perquisita alla dogana dalla polizia del Governo Militare Alleato.

Ai giocatori torinisti furono trovati numerosi oggetti di contrabbando tanto che il centravanti Gabetto fu quasi messo in stato d’arresto.

Quella nella sua Trieste è stata l’ultima partita ufficiale giocata nella sua vita da Giuseppe Grezar, la cui parabola calcistica si concluse (ironia della sorte) proprio in questa gara. Grezar, a 31 anni, viene ritenuto ancora un pilastro importante del centrocampo granata dal suo tecnico Egri-Erbstein e verrà infatti lasciato a riposo per le partite di campionato successive, in vista delle ultime decisive giornate.

Il mediano triestino però ha già la testa altrove: la stampa parla di un suo trasferimento al Venezia o al Vicenza a fine anno. La sua volontà è quella di tornare a Trieste al fianco dei suoi grandi amici Trevisan e Ispiro e cercare di raggiungere il suo grande sogno: giocare con la Nazionale i mondiali brasiliani del 1950.

Tira un’atmosfera da Basso Impero nella stanca comitiva granata: Loik è in rotta con Novo e si è già accordato con la Juventus, Mazzola a causa delle sue note vicende familiari desidera lasciare Torino per accasarsi all’Inter, anche il vice inglese Lievesley vorrebbe incominciare ad allenare in proprio e parrebbe aver già raggiunto un accordo con la Juve, dove avrebbe carta bianca.

L’unica certezza in casa granata è rappresentata dal tecnico Erbstein, che gode della piena fiducia di Novo, per il resto nell’aprile del 1949 l’ambiente granata sembra simile ad una pentola a pressione. Intanto l’Inter, sconfiggendo 1 a 0 la Roma, si è portata a sole quattro lunghezze e tra tre settimane si giocherà lo scontro diretto…

Francesco Scabar